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L'oscurità di Lukman Derky (poeta siriano)



Lukman Derky è nato a Derbassiya, in Siria, nel 1966. È stato un membro del Circolo letterario dell’Università di Aleppo negli anni ottanta. Ha pubblicato sei raccolte di poesie e una di racconti. Ha lavorato per la televisione e per il teatro, come scrittore, attore, autore, ha scritto per riviste siriane ed arabe. È tra i fondatori della rivista satirica Al-dumery, e fondatore di Alif, magazine per scrittori emergenti. Attualmente vive a Damasco.

In lingua italiana esistono pochissime informazioni sul suo conto, tra queste segnalo l’artico “Giovani, birra e poesia le notti di Damasco al Caffè delle libertà” del 2010 pubblicato dal quotidiano La Repubblica (link)

Quella che segue è una delle sue poesie più famose: Blackness. Per la mia traduzione in italiano ho fatto riferimento alla traduzione inglese realizzata da Ali Al-Baghdadi e reperibile sulle pagine di Words without borders (link). Spero di essere riuscito a tradurre la forza, il lirismo, l’intelligenza, la rabbia e l’amore di questo testo dall'intensità eccezionale. 



Oscurità

Noi che fummo ammazzati
In tutte le guerre.

Nella Guerra di Basus
Furono nostri i corpi che penzolarono dalle forche dei turchi

Nella guerra di Troia
Fummo dietro le mura
Nelle vene sangue secco
E loro assediandoci senza mai affondare attacchi

Fummo fuori dalle mura
Le nostre pelli lacerate
E gli assediati non arrendendosi mai

Andammo a caccia di Abu Jahl
Avevamo la sua testa
E fummo uccisi dai suoi nemici

Le guerre ci hanno spogliato
Dunque muoriamo di freddo nei musei
In tempo di pace

Noi che fummo ammazzati
Nella Guerra di giugno
Nella Guerra di ottobre
Nella Guerra curda
Nella Guerra cecena
Tra il Kosovo e la Serbia
Tra la Bosnia e il ponte

Noi che fummo ammazzati
E le nostre madri non poterono piangerci
E ulularono allora
Loro che non poterono portare il lutto
Indossarono fiori di campo colorati

Ci radunarono per la battaglia
Qualcuno scappò verso territori sicuri
E morì soffocato dentro un furgone
O schiacciato da un treno

Morirono da soli sotto la neve
Nelle terre nordiche
Noi che combattemmo i nostri nemici
Siamo nemici a noi stessi
Ma imparammo a morire col sorriso
E a vivere col grugno
Per permettergli di costruire a noi monumenti al milite ignoto

Alcuni di noi furono con al-Waleed
E furono uccisi da lui
Altri presero accordi con al-Rashid
Nelle sue notti ubriache
E Lui li uccise non appena gli passò la sbornia

Alcuni di noi sono i guardiani della rivoluzione
Uccisi affinché la rivoluzione potesse avere vita
Un’occhiata ai codardi nel paradiso dei loro signori
Noi morti silenziosamente
Fummo seppelliti di fianco ai poeti senza coraggio
Con una chiamata d’onore: silenzio

Noi che fummo ammazzati
E le nostre madri non poterono piangerci
E ulularono allora
Loro che non poterono portare il lutto
Indossarono fiori di campo colorati
Noi che…
Quando qualcuno muore
Nel suo letto
Sotto il bisturi del chirurgo
I suoi occhi che non hanno mai visto il campo di battaglia
Ci trascinano fuori dal monumento al milite ignoto
Strappano le lacrime agli occhi secchi delle nostre madri
Buttano il nero su di loro
Ci fanno rialzare dalle tombe
E ci costringono a marciare nella loro processione del martirio

Damasco 2000


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