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Kofi Anyidoho e Kofi Awoonor (due critiche alla società americana)


Nella poesia Il Maratoneta (Long distance runner) Kofi Anyidoho condivide i racconti delle sofferenze patite dal suo popolo con degli amici americani, fino a quando non introduce il tema delle sofferenze patite dai popoli amerindi, sterminati, e dei neri d’america, sfruttati e ghettizzati. Il percorso della civiltà americana viene individuato come una gara, una gara che non si svolge in spirito olimpico, ma priva di regole e soprattutto priva degli altri partecipanti che in vario modo sono stati eliminati dalla competizione. Nel fare questo richiama, dialoga, con un altro poeta ghanese, Kofi Awoonor, chiamato “cugino” nel testo (I due poeti sono cugini, ed appartengono ad una famiglia di artisti Ewe). In particolare si fa riferimento ad una lirica di Awoonor, abbastanza simile nel senso: Harlem on a winter night.

Le traduzioni, come al solito, sono mie (e come al solito invito alla segnalazione di eventuali errori, miglioramenti ecc.).

Brevi cenni biografici

Kofi Anyidoho è un poeta e docente Ghanese. È nato nel 1947 da una famiglia di poeti e artisti Ewe. Ha studiato in Ghana e negli Stati Uniti. Attualmente è professore presso l’università del Ghana a Legon, dove lavora anche come Direttore del African Institute on Humanities of the CODESRIA.
Ha pubblicato sei raccolte di poesie e alcuni racconti bilingue (Ewe ed Inglese) per bambini. Alcune sue opere sono: Elegy for the Revolution (1978), A Harvest of Our Dreams (1985), Earthchild (1985), e Ancestral Logic and Caribbean Blues (1992).
(Notizie recuperate dal sito Unesco)

Kofi Awoonor (pseudonimo di George Awoonor-Williams) è nato il 13 Marzo del 1935 in Ghana. È un critico letterario e professore di letteratura comparata e ha servito come ambasciatore per il Ghana. È autore di romanzi, opere teatrali, saggi politici, critica letteraria, e diversi volumi di poesia.
Kofi Awoonor è stato ucciso il 21 settembre 2013 durante un attacco terroristico al Westgate Shopping Mall di Nairobi, in Kenya.

Un precedente post su Kofi Awoonor a questo link: 

Poesie

Maratoneta (by Kofi Anyidoho)

Da Frisco un tempo
Guidavamo attraverso l’ampio spiazzo della baia
Verso la casa di Mike che aveva organizzato
Una cena in ricordo dei suoi anni tra la nostra gente
Loro chiedono canti e io canto la storia
Delle nostre ferite: i fallimenti e i tradimenti
I giuramenti di guerra violati – i leader scresciuti molli
Con l’agio delle gioie civili

Loro ridono – applaudono – chiedono ancora.

Un cambiamento un piccolo cambiamento io canto
Il tuo lamento funebre per la sconfitta della loro terra nella bellezza
Della sua alba: i fantasmi di Harlem stanno in guardia
Di là dal ponte della gioia le loro rampe di lancio per il sogno e il mito.
Canto pure il tuo lungo lamento per Geronimo
Capotribù amerindo che aprì un poco troppo il cuore
Solitario cavaliere che ora forse potrebbe  
Ancora cavalcare il suo vecchio stallone verso il loro sogno, il loro mito
Cavalcando per sempre la sua memoria tra i miraggi - lungo le ere
Riservate a lui fra i campi di neve coperti dal seno
Della terra – questa terra – e tutta la sua terra.
Circa a metà delle canzoni vedo la follia
E la saggezza della nostra scelta nello sguardo gelido
Nel cambio di umore negli occhi dei nostri ospiti.
Chi siamo noi per riportare alla mente di un uomo l’immagine di cose
Che lui si è sforzato duramente di bruciare per incenerirle nel fuoco della storia?
Noi sappiamo che l’aspetta un’agonia, al maratoneta
Che taglierà la line del traguardo perché i giudici dichiareranno che lui
È partito in anticipo sullo sparo della pistola – che ha calpestato
I piedi di qualcun altro e lo ha spinto fuori gara
E che gara è, cugino, senza regole
Senza corridori
Ma lasciamolo da solo, da solo con la sua
Gloria che incombe minacciosa sopra i suoi sogni d’ulivo.

Long distance runner (by Kofi Anyidoho)

From Frisco once
we drove across the wide yawn of the breezy bay
to the Oakland home of Mike who fixed
a memorial dinner for his years among our people
They call for song and I sing the story
of our wounds: the failures and betrayals
the broken oaths of war leaders grown smooth
with ease of civil joys
They laugh they clap they call for more
For a change just a little change I sing
your dirge about their land’s defeat in the beauty
of her dawn: the ghost of Harlem standing guard
across their bridge of mirth their launching pad of dream and myth.
I sing also your long lament for Grand Geronimo
Amerindian chieftain who opened his heart a bit too wide
the lonely horseman who now perhaps only may be
still rides his old stallion across their dream their myth
forever riding his memory among mirages along eternities
reserved for him among snowfields spread across the breast
of the Earth this Earth and all his Earth.
Halfway through the songs I see the folly
and the wisdom of our choice in the cold stare
the shifting look in the eyes of our hosts our very kind hosts
Who are we to throw back at a man the image of things
he strove so hard to burn to ashes in history’s bonfires?
We know there is an agony in waiting for the long distance runner
who breaks the finisher’s line for the judges to declare he
jumped the starter’s gun stepped upon some other
runner’s toes threw him off balance and off the race
And what is a race, Cousin, without the rules
without other runners
But leave him alone leave him alone to his
glory looming large above his olive dreams.


Harlem in una notte d’inverno (by Kofi Awoonor)

Marciapiedi affollati, scuri,
il lamento solitario di una sirena della polizia
si muove furtivo fra
grigie stradine di anonimato
si chiede del cibo
come si chiedono flaconi di plasma all’ospedale,
si scappa dal fuoco di appartamenti
diventati freddi e amari,
o si cerca cibo nei cassonetti comunitari
per fuggire dal loro incubo eterno.
Harlem, nero lamento d’America
Ascoltato di sera
Significa vicoli di povertà,
privazione, morte prematura
in vie di fuga bloccate ed ascensori cigolanti,
sconfitta accecante nel mattino
di questa bellissima bellissima America.


Harlem on a Winter Night (by Kofi Awoonor)

Huddled pavements, dark,
the lonely wail of a police-siren
moving stealthily across
grey alleys of anonymity
asking for food either
as plasma in hospital jars,
escaping fires in tenements
grown cold and bitter,
or seeking food in community garbage cans
to escape its eternal nightmare.
Harlem, the dark dirge of America
heard at evening
mean alleyways of poverty,
dispossession, early death
in jammed doorways and creaking elevators,
glaring defeat in the morning
of this beautiful beautiful America.

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